Giustizia, Santalucia: “Indipendenza della magistratura da difendere senza personalismi”

ROMA – Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, non si ricandiderà alle prossime elezioni per il vertice dell’ANM. “Quattro anni intensi e gratificanti sono sufficienti. Nella difesa dell’indipendenza e autonomia della magistratura, è necessario evitare personalizzazioni”, ha dichiarato Santalucia, annunciando il suo passo indietro.

Le sue parole arrivano in un momento segnato da tensioni tra magistratura e politica, dopo l’assoluzione di Matteo Salvini nel processo Open Arms e il proscioglimento di Matteo Renzi. Santalucia ha sottolineato come “i giudici valutano prove e fatti per emettere un giudizio, e un’assoluzione non significa che il processo non andasse fatto”. Ha poi invitato gli avvocati a evitare polemiche infondate: “Le Camere Penali parlano di uso politico dello strumento giudiziario, ma è un’accusa inaccettabile. Solo nei regimi illiberali i processi si concludono sempre con condanne”.

Critico anche verso le proposte di riforma della giustizia avanzate dalla politica, tra cui quella di far pagare i danni ai pubblici ministeri in caso di assoluzione: “È una forma surrettizia di controllo sui magistrati. Un pm rischierebbe di chiedersi chi glielo fa fare a procedere”.

Santalucia, che durante la sua presidenza ha guidato anche uno sciopero contro aspetti della riforma Cartabia, ha concluso: “Non ci vanno bene le riforme sbagliate. Continueremo a far sentire la nostra voce”.


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Migranti, Piantedosi: “Centri in Albania pronti e utili”. Meloni: “La Cassazione ci dà ragione”

I centri per migranti in Albania “sono pronti e saranno molto utili per velocizzare le procedure di riconoscimento della protezione a chi ne ha diritto e del rimpatrio per chi non ne ha diritto”. Lo afferma il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi in un’intervista al Corriere della Sera, sottolineando che la recente sentenza della Cassazione rappresenta un passo importante verso la riattivazione del progetto, il cui futuro sarà discusso in un vertice a Palazzo Chigi.

Piantedosi esprime fiducia che anche la Corte europea non ostacolerà il piano: “Il primo pronunciamento della Cassazione conferma la correttezza della nostra linea”. Intanto, il governo punta a riprendere i trasferimenti nei centri albanesi già da gennaio, con la premier Giorgia Meloni che ribadisce: “La Cassazione ci ha dato ragione sui Paesi sicuri”.

Sul fronte interno, Piantedosi minimizza gli effetti dell’assoluzione di Matteo Salvini nel caso Open Arms sulla linea dura del governo contro l’immigrazione irregolare: “Il voto degli elettori ha tracciato questa linea, e noi continuiamo a seguirla con coerenza”.

Sul Giubileo, il ministro assicura massima allerta dopo i recenti attacchi in Europa: “Non cediamo all’allarmismo, ma manteniamo alta l’attenzione”.


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Ufficio per il Processo, tra stabilizzazione e sfide future

Il dibattito sulla stabilizzazione degli addetti all’Ufficio per il Processo (Upp) si riaccende. L’Associazione Nazionale Magistrati (Anm) ha espresso preoccupazione per la precarietà degli addetti, ma il Ministero della Giustizia ha ribadito che l’Upp, nato con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), è un progetto straordinario e temporaneo.

Obiettivi e stabilizzazioni

L’Upp, istituito nel 2021, mira a rafforzare l’efficienza del sistema giudiziario. Attualmente conta 9.089 addetti e 3.296 unità tecnico-amministrative. Il Ministero prevede di stabilizzare 6.000 lavoratori a partire da luglio 2026, selezionandoli tramite una graduatoria basata su criteri meritocratici. Tuttavia, chiarisce che la stabilizzazione dell’intero contingente non è economicamente sostenibile, in linea con la natura temporanea del progetto.

Criticità e risposte del Ministero

Il percorso non è stato privo di ostacoli: dimissioni e carenze di personale in alcune aree hanno messo in difficoltà il progetto. Il Ministero ha reagito con scorrimenti delle graduatorie e incentivi economici, riuscendo a contenere la scopertura del personale sotto il 9%. Per il futuro, è previsto un investimento annuo di 136 milioni di euro a partire dal 2027 per mantenere almeno 6.000 addetti tra Aupp e altre categorie professionali.

Ruolo e prospettive future

Il Ministero chiarisce che gli addetti all’Upp resteranno dipendenti amministrativi con funzioni di supporto alla giurisdizione, evitando sovrapposizioni con altre figure professionali. Sono in corso sperimentazioni per definire meglio i confini operativi del loro ruolo.

Il monitoraggio continuo, la digitalizzazione dei processi e la formazione continua sono i pilastri su cui si basa il futuro dell’Upp. Possibile anche un’estensione del modello ad altri uffici giudiziari, ma solo se saranno garantite le risorse necessarie. Il Ministero insiste: «La stabilizzazione totale non è sostenibile, ma il nostro obiettivo è garantire trasparenza e merito».


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Indipendenza e integrità degli avvocati: la Corte UE dice no agli investitori finanziari nelle società legali

BRUXELLES – Gli investitori puramente finanziari non possono detenere partecipazioni in società di avvocati. È questo il principio sancito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza depositata il 19 dicembre 2024, nella causa C-295/23, che riafferma la centralità dell’indipendenza e dell’integrità della professione forense.

Secondo la Corte, la possibilità per i professionisti legali di esercitare la propria attività in modo indipendente e conforme agli obblighi deontologici è un “motivo imperativo di interesse generale”, tale da giustificare il divieto per gli investitori finanziari di acquisire quote in società di avvocati. Gli Stati membri, dunque, possono escludere la partecipazione di soggetti che non intendano esercitare direttamente la professione forense.

La vicenda: il contenzioso in Germania
Il caso trae origine da una controversia tra una società di avvocati con sede in Germania e l’Ordine forense di Monaco. La società aveva ceduto il 51% delle proprie quote a una società austriaca che non era autorizzata a fornire servizi legali. L’Ordine di Monaco ha disposto la cancellazione della società dall’albo degli avvocati, sostenendo che la normativa tedesca consente solo ai legali di detenere quote di una società forense.

La società tedesca ha impugnato il provvedimento, sostenendo che il divieto violasse l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2006/123 sui servizi nel mercato interno, che vieta agli Stati membri di introdurre requisiti discriminatori per l’accesso a determinate attività di servizi.

Il Consiglio di disciplina degli avvocati della Baviera, investito della questione, ha chiesto un chiarimento alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La Corte ha stabilito che, in questo caso, la limitazione non è discriminatoria né sproporzionata, in quanto giustificata dalla necessità di garantire l’indipendenza e l’integrità della professione forense.

L’indipendenza degli avvocati come “motivo imperativo di interesse generale”
Il cuore della sentenza è la difesa dell’indipendenza della professione di avvocato. La Corte ha sottolineato che il corretto esercizio della professione forense non può essere condizionato da interessi economici di investitori esterni. Gli avvocati devono operare esclusivamente nell’interesse dei clienti e nel rispetto del segreto professionale, principi che potrebbero essere compromessi dalla presenza di soggetti estranei alla professione.

“Le considerazioni di natura economica orientate verso il profitto a breve termine dell’investitore puramente finanziario potrebbero prevalere su quelle guidate dalla difesa dell’interesse dei clienti”, scrivono i giudici europei.

Per queste ragioni, la Corte ha ritenuto legittimo il divieto di partecipazione dei cosiddetti “soci di capitale” nelle società di avvocati, evidenziando che tale restrizione rientra tra le misure proporzionate e necessarie per garantire l’interesse pubblico.

I criteri di proporzionalità e non discriminazione
Pur ammettendo la possibilità di imporre limiti alla detenzione di quote, la Corte ha specificato che le misure adottate dagli Stati membri devono rispettare i principi di proporzionalità e non discriminazione. Ciò significa che il divieto non può essere applicato solo a società con sede in altri Stati membri o basarsi sulla cittadinanza dei soci, ma deve valere per tutti i soggetti che non siano avvocati.

La Corte ha anche chiarito che le limitazioni devono essere proporzionate, ovvero non eccedere quanto strettamente necessario per raggiungere l’obiettivo prefissato, e che è necessario verificare se esistano misure meno restrittive per ottenere lo stesso risultato. In questo caso, però, il divieto di partecipazione di investitori finanziari è stato ritenuto compatibile con il diritto dell’Unione Europea.

Un messaggio forte per gli Stati membri e le società forensi
La sentenza della Corte UE avrà un impatto significativo sugli ordinamenti nazionali, poiché riguarda non solo la Germania, ma anche altri Paesi in cui le regole di partecipazione nelle società di avvocati sono più flessibili. La decisione costituisce un precedente importante e potrebbe spingere gli Stati membri a rivedere la propria normativa interna.

L’obiettivo è chiaro: evitare che soggetti esterni alla professione possano condizionare le scelte strategiche e operative di una società di avvocati, garantendo così ai clienti il massimo livello di tutela.

Implicazioni per l’Italia
In Italia, la legge già prevede che i soci delle STP (società tra professionisti) debbano essere iscritti agli albi professionali. Tuttavia, la sentenza della Corte di Giustizia potrebbe rafforzare questo principio, impedendo la partecipazione anche di soci non operativi o di “capitale puro”.

Nel nostro ordinamento, il concetto di “socio di capitale” nelle STP è stato oggetto di dibattito, con richieste di maggiore flessibilità per facilitare l’accesso a risorse finanziarie esterne. La pronuncia della Corte UE chiude, almeno in parte, a queste ipotesi, ribadendo la priorità del rispetto dei doveri deontologici e della riservatezza professionale.


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Badge obbligatorio anche per colf e badanti: svolta storica sulla misurazione dell’orario di lavoro

ROMA – Anche colf e badanti avranno diritto a un sistema che misuri la reale durata dell’orario di lavoro giornaliero. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con una sentenza storica (C-631/23 “Loredas”) che segna una svolta per il settore del lavoro domestico.

L’obbligo, che finora non era previsto in molti ordinamenti nazionali, compresa la Spagna, mira a garantire maggiore trasparenza e tracciabilità, riducendo il rischio di abusi e irregolarità. In particolare, la Corte ha dichiarato contrarie al diritto europeo le norme nazionali che esonerano i datori di lavoro dall’istituzione di un sistema di registrazione dell’orario di lavoro effettivo per i collaboratori domestici.

Il caso da cui tutto ha avuto origine
La pronuncia nasce dal ricorso di una collaboratrice domestica spagnola, assunta a tempo parziale, che dopo essere stata licenziata ha richiesto il risarcimento per giorni di ferie non goduti e per ore di lavoro straordinario non pagate. Tuttavia, il giudice spagnolo di primo grado aveva respinto la domanda, ritenendo che la lavoratrice non avesse dimostrato con precisione le ore di lavoro effettivamente svolte, anche perché i datori di lavoro non erano obbligati a mantenere un registro delle ore lavorate.

La controversia è giunta alla Corte di Giustizia UE, che ha ribaltato la prospettiva: non è il lavoratore a dover dimostrare le ore di lavoro, ma il datore a dover registrare e conservare i dati. In caso contrario, i lavoratori domestici resterebbero privi della possibilità di verificare le ore effettivamente prestate e di controllare il rispetto delle normative sul limite massimo di ore settimanali.

Le conseguenze della sentenza: nuovi obblighi per i datori di lavoro
La decisione della Corte di Giustizia UE avrà conseguenze rilevanti anche in Italia, dove i datori di lavoro domestici — fino a oggi — non erano obbligati a dotarsi di sistemi di rilevazione dell’orario. Ora, per rispettare le regole europee, sarà necessario introdurre strumenti di tracciamento del lavoro domestico, come già avviene in altri settori.

I giudici europei hanno sottolineato che i lavoratori domestici, essendo una categoria a forte prevalenza femminile, rischiano di subire discriminazioni indirette fondate sul sesso. Per questo motivo, la registrazione dell’orario lavorativo è considerata una misura di garanzia. Eventuali deroghe saranno ammesse solo in circostanze specifiche e oggettivamente giustificate.

Cosa cambia per i datori di lavoro italiani?
L’obbligo di registrazione non si limiterà alla misurazione delle ore ordinarie. La Corte UE ha chiarito che i datori dovranno garantire il rispetto della durata massima settimanale del lavoro e delle pause obbligatorie. Tuttavia, potranno essere previste eccezioni per quanto riguarda le ore straordinarie o il lavoro a tempo parziale, a condizione che sia garantita la tutela del lavoratore.

Questa pronuncia è destinata a produrre effetti anche in Italia, dove il lavoro domestico coinvolge migliaia di famiglie che si avvalgono di colf e badanti per l’assistenza a persone anziane e non autosufficienti. Le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali saranno chiamate a confrontarsi per individuare le modalità operative più adeguate e meno onerose per le famiglie.


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INPS lancia la nuova app per assegni e pensioni

ROMA – L’INPS si rinnova e punta dritto al futuro con la nuova versione della sua app “INPS Mobile 4.0”. Un restyling profondo, sia dal punto di vista grafico che funzionale, che porta con sé l’intelligenza artificiale e una maggiore personalizzazione per l’utente. “Il futuro a portata di mano” è il motto lanciato dal presidente dell’Istituto, Gabriele Fava, presentando i nuovi servizi disponibili direttamente da smartphone e tablet.

La nuova interfaccia, ispirata alle app del settore bancario, consente agli utenti di personalizzare la schermata principale selezionando i tre servizi più utili alle proprie esigenze. Inoltre, anche senza autenticazione, sarà possibile accedere a due funzioni di simulazione: il calcolo della pensione futura con “Pensami” e il simulatore per l’Assegno Unico Universale per i figli a carico.

Più semplice, più intuitiva
Il restyling non si è limitato all’aspetto grafico. La nuova app offre oltre 40 servizi accessibili in pochi tocchi. Ogni funzione è organizzata in “card” consultabili singolarmente, con la possibilità di oscurare o mostrare i dati sensibili. Tra le principali novità, la possibilità di:

  • Controllare lo stato di una domanda;
  • Verificare il pagamento dell’ultima prestazione;
  • Scaricare il cedolino pensione e le certificazioni;
  • Consultare l’estratto conto contributivo aggiornato;
  • Accedere alla dichiarazione ISEE.

“Vogliamo essere vicinissimi ai cittadini”, ha spiegato il presidente Fava, sottolineando come la nuova app permetta agli utenti di selezionare e utilizzare solo i servizi di cui hanno davvero bisogno. Un approccio innovativo che semplifica l’esperienza dell’utente, eliminando informazioni superflue e rendendo ogni operazione più rapida ed efficace.

Record di download e obiettivi futuri
La popolarità dell’app INPS Mobile è già testimoniata dai numeri: nel 2024 ha registrato 3,66 milioni di download, con una media giornaliera di oltre 500.000 accessi. Un risultato che l’Istituto punta a migliorare con questa nuova versione, disponibile da oggi per dispositivi iOS e Android.

Il presidente Fava ha ribadito che l’obiettivo principale è rendere i servizi previdenziali “a portata di mano” per tutti, garantendo un accesso facile e veloce alle informazioni essenziali. Il nuovo sistema di personalizzazione dei servizi e l’adozione di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale segnano un importante passo avanti nel rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione.


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Problemi ai servizi informatici del settore civile del distretto di Palermo

Si comunica che a seguito di attività tecniche di manutenzione straordinaria, eseguite sui sistemi civili del distretto di Palermo nel pomeriggio di ieri 18/12/2024, si stanno riscontrando problematiche che interessano i servizi civili (SICID- SIECIC- SIGP).

Sono in corso le necessarie attività di verifiche ed interventi specialistici per garantire il rispristino delle funzionalità.

 

Al seguente avviso potrebbero pervenire errori nella ricezione della seconda e/o terza pec una volta inviati i depositi.

(ad es. 5.2.2 – InfoCert S.p.A. – casella piena.)

(ad es. E0401: Il Mittente del messaggio non è autorizzato al Processo Telematico)

Consigliamo di attendere la risoluzione della problematica tramite avviso da parte del Ministero di Giustizia

Ricordiamo che nelle novità del Processo Civile Telematico – Settembre 2024 il perfezionamento del deposito si ottiene con la Ricevuta di accettazione.


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Bonifici istantanei senza costi extra: dal 9 gennaio scatta la rivoluzione per i correntisti

A partire dal 9 gennaio 2025, i bonifici istantanei costeranno esattamente come i bonifici ordinari. Niente più sovrapprezzi per i correntisti italiani, che potranno beneficiare di uno strumento di pagamento rapido, sicuro e disponibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

La novità rientra nell’attuazione del Regolamento (UE) 2024/886, che ha già introdotto l’obbligo per le banche di garantire la ricezione e la conferma dell’accredito del bonifico istantaneo entro 10 secondi dall’ordine di pagamento. Ora arriva il secondo passo: l’allineamento delle commissioni.

Stop ai sovrapprezzi: bonifico istantaneo come quello ordinario

Il cambiamento riguarda tutti i conti di pagamento che già prevedono la ricezione di bonifici SEPA ordinari. Dal 9 gennaio, le banche non potranno applicare tariffe superiori a quelle previste per i bonifici tradizionali, che in alcuni casi sono già pari a zero, frutto della concorrenza tra gli istituti di credito.

Per i correntisti, la misura rappresenta un risparmio tangibile. Fino ad oggi, molti istituti hanno applicato costi extra per usufruire della rapidità e disponibilità immediata dei bonifici istantanei. La nuova regola elimina questo divario, rendendo l’uso dei bonifici istantanei più conveniente e accessibile.

In caso di abusi, parola all’Arbitro Bancario Finanziario

Gli utenti che dovessero notare anomalie nei costi applicati potranno rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario per far valere i propri diritti. Sarà infatti compito delle autorità di vigilanza verificare il rispetto delle nuove disposizioni da parte degli istituti di credito.

Nel frattempo, il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) sta lavorando a un provvedimento per introdurre sanzioni nei confronti delle banche che non si adegueranno. Il provvedimento, atteso entro i primi mesi del 2025, mira a garantire il rispetto delle nuove regole e a tutelare i consumatori.

La roadmap delle novità: scadenze fino a ottobre 2025

Il Regolamento UE 2024/886 prevede un percorso di attuazione suddiviso in due tappe fondamentali:

  • Entro il 9 gennaio 2025: le banche dovranno garantire ai correntisti la ricezione di bonifici istantanei sui conti di pagamento, applicando commissioni non superiori a quelle dei bonifici ordinari.
  • Entro il 9 ottobre 2025: sarà obbligatorio anche il servizio di invio dei bonifici istantanei dai conti di pagamento, con l’adeguamento dei canali dispositivi (home banking, app, ecc.) e l’introduzione del servizio gratuito di verifica del beneficiario (Verification of Payee – VoP) per ogni bonifico in uscita.

Che cos’è il bonifico istantaneo?

Il bonifico istantaneo, noto a livello tecnico come Sepa Instant Credit Transfer (SCT Inst), consente il trasferimento immediato di fondi da un conto di pagamento all’altro. La disponibilità del denaro per il beneficiario è immediata e l’operazione, una volta eseguita, è irrevocabile.

La differenza rispetto al bonifico ordinario è la velocità: i bonifici tradizionali possono richiedere fino a 24-48 ore per l’accredito, specialmente nei giorni festivi o nei weekend. I bonifici istantanei, invece, sono operativi 24 ore su 24, 7 giorni su 7, anche nei giorni festivi.


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Il viceministro Sisto agli avvocati: “L’IA è un fantasma nero, la professione va difesa con i denti”

Bari – «I giovani avvocati devono essere bravissimi, perché c’è un nemico in agguato: l’intelligenza artificiale, un grande fantasma nero». Con queste parole, il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha lanciato un monito alla categoria forense durante il suo intervento – in videocollegamento da Roma – alla cerimonia “Cinquant’anni di toga”, svoltasi nell’aula magna della Corte d’Appello di Bari.

L’IA, secondo il viceministro, rappresenta una sfida cruciale per la professione legale. «Con l’intelligenza artificiale, anche i non laureati possono scrivere splendide memorie, indipendentemente dalle proprie competenze», ha dichiarato Sisto, evidenziando il rischio di un “livellamento verso l’alto” delle prestazioni professionali, che potrebbe «piallare le competenze» degli avvocati.

Le sue parole giungono in un momento di riflessione profonda sulla crisi della professione. Sisto ha messo in evidenza un altro problema: il calo degli iscritti all’esame di abilitazione forense. «Ci sono più pensionati che nuovi iscritti», ha affermato, rilevando una riduzione di 1300 candidati rispetto all’anno precedente. Un dato preoccupante, soprattutto perché il calo riguarda maggiormente le donne rispetto agli uomini.

Nonostante il clima celebrativo dell’evento, il viceministro ha invitato la categoria a non abbassare la guardia. «Quella di oggi è una festa, ma non ci dobbiamo distrarre dalla consapevolezza che dobbiamo difendere questa professione strenuamente, con i denti», ha sottolineato Sisto.


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Sulmona e altri tre tribunali salvi: “Resteremo aperti”

Sulmona – I tribunali di Sulmona, Avezzano, Lanciano e Vasto resteranno aperti. A ribadirlo è stato Gaetano Campo, Capo del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria (DOG), durante un incontro con la delegazione del Coordinamento di sindaci e presidenti degli ordini forensi, giunti nuovamente a Roma per difendere i quattro presidi giudiziari.

La conferma arriva dopo settimane di mobilitazione. «Siamo aperti e resteremo aperti», ha dichiarato Luca Tirabassi, presidente del Consiglio dell’Ordine Forense di Sulmona, che ieri ha convocato un’assemblea degli avvocati per illustrare le ultime iniziative del Coordinamento, composto da rappresentanti degli Ordini Forensi e amministratori locali delle quattro città interessate dalla riforma della geografia giudiziaria.

Tirabassi ha ricordato che segnali incoraggianti erano già emersi nell’incontro del 19 novembre scorso presso il Ministero della Giustizia, alla presenza del sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove e dei parlamentari Guido Liris, Etelwardo Sigismondi e Guerino Testa. «Avevamo avuto importanti rassicurazioni già dal sottosegretario Delmastro – ha spiegato Tirabassi – e ora l’analoga conferma ci è stata fornita anche dal capo del DOG. Resteremo ovviamente vigili per verificare che tali intendimenti siano concretizzati nel più breve tempo possibile».

Il Coordinamento, tuttavia, non abbassa la guardia. Se i tempi di approvazione del disegno di legge governativo dovessero dilatarsi, Tirabassi ha già annunciato la strategia: «Laddove il disegno di legge di matrice governativa non fosse approvato in tempi celeri, sarà nostra premura sollecitare il Governo ad adottare un’ultima proroga “ponte” per consentire al Parlamento di varare definitivamente la legge di salvaguardia nell’ambito di una più ampia revisione della geografia giudiziaria».

La chiusura dei quattro tribunali non provinciali, più volte denunciata dal Coordinamento, avrebbe infatti gravi conseguenze. «Con la soppressione di questi presidi, metà regione – e proprio quella orograficamente più complicata – si troverebbe sguarnita di punti di riferimento giudiziari, con gravi disagi e pregiudizi per la tutela dei diritti e della stessa sicurezza dei residenti del Centro Abruzzo», ha sottolineato Tirabassi.

Il rischio di lasciare i cittadini senza presidi di giustizia in territori difficili da raggiungere è al centro delle preoccupazioni di sindaci, avvocati e amministratori locali, che chiedono certezze non solo sui tempi di approvazione della legge, ma anche sulla possibilità di garantire continuità operativa ai tribunali.

La battaglia, per ora, sembra aver ottenuto un importante risultato, ma la vigilanza resterà alta: la partita sulla geografia giudiziaria non è ancora chiusa.


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